Luigi Albertini Fotografo
 
Luigi Albertini

 

Luigi Albertini ha scritto sul proprio lavoro:

“Anche se la realtà a volte non mi conviene, non tocco mai nulla. Sono
un fotografo prudente e rispettoso. Anche se nessuno mi vede ho talvolta l’impressione di fotografare di nascosto. Dinnanzi ad una assenza mi sento sempre un intruso.”

Mostra “L’altra Tuscania”, Galleria Pictogramma a Roma, 1973

“Come è noto, la resistenza alla concessione della propria immagine,
se non è attenuata dal coinvolgimento in qualche solennità o avvenimento,
è innata e profonda. La liceità della fotografia dovrebbe perciò sempre essere condizionata dal buon esito di una piccola trattativa preliminare. Evitandola
si commette quella tipica operazione di scippo che attiene alla foto rubata
e che il più delle volte produce effetti disastrosi. L’uso della parola appropriata è forse, alla pari della scelta dell’inquadratura, uno dei momenti più qualificanti della ripresa fotografica.”

Mostra “Documenti d’identità territoriale” (Molise di Luigi Albertini),
Galleria Rondanini a Roma, 21 giugno - 30 settembre 1978.
Pubblicato su “R” (Rondanini) n°10/11. 1978

“Il fotografo amatore non trova la sua finalità che in un pubblico molto ristretto di amici.[...] Allora che senso ha tutto questo? La fotografia, certamente, è un (rispettabile) piacere solitario, ma al di là del piacere penso che ci troviamo
nel cuore stesso della ricerca del Tempo perduto. La fotografia si impone
al nostro sguardo e il processo di scelta che ne consegue diventa un modo
di fare, in ogni momento, il punto con se stessi. La fotografia è ai miei occhi
il riscontro permanente dei rapporti intimi (senza dubbio psicanalitici, ma questo non è affar mio!) tra il mondo e me. Succede che, in questo modo, io fotoamatore, scopra attraverso quest’analisi dei valori che non mi sono propri o esclusivi, ma che appartengono a un patrimonio culturale allargato di cui faccio parte. Tuttavia, molto spesso il fotografo fa finta di ritrarre un’altra cosa, non se stesso. La fotografia è un falso.”

da un’intervista del 1974
alla rivista francese Photocinema